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mercoledì 13 ottobre 2010

Gli ultrà di Stella Rossa e Partizan: «Negri e musulmani nella fossa»


Va fatto sfogare, prima: «Non siamo stati noi». Ma come, vi ha visto in tv il mondo intero... «Eravamo in piazza, perché era giusto starci a difendere il Kosovo, cuore della Serbia. Ma noi non andiamo a distruggere la nostra città». E chi, allora? «Feccia umana. Non si fanno queste cose in un momento così difficile per la Serbia». Il capo degli hooligan della Stella Rossa si fa vivo al terzo puntello. Giornataccia. Niente nome, né soprannome: «Va bene Delje? Siamo tutti delje, ragazzacci», anche se la trentina è superata da un pò. Ci tiene a dire che loro non c' entrano col carbonizzato all' ambasciata americana. Che «la nostra attività principale è la beneficenza, abbiamo fatto la colletta per pagare la casa a una famiglia serba sfrattata da Mitrovica». Vuole passare per uno pulito. Finché non ripensa alla sera folle di giovedì, e gli viene da condividere, quasi da ridere: «La colpa di tutto è dell' America. Loro dicono: vi togliamo una parte della terra ma restiamo vostri amici. Noi rispondiamo: vi sfasciamo l' ambasciata, ma restiamo vostri amici». Rieccoli. Il tifo che fa schifo. I fratellini di Arkan delle pulizie etniche. Lo dicono tutti: sono stati loro. La polizia è andata a cercarli casa per casa, ieri mattina. «Nella via delle ambasciate c' erano gli ultrà della Stella Rossa e del Partizan - conferma il criminologo Dobrivoje Radovanovic, uno che li studia da una vita -. Si sono divisi il lavoro: noi gli americani, voi i turchi e i croati. Ha partecipato anche gente di fuori, ma le teste erano di qui. I saccheggi dei negozi, invece, li hanno fatti bande comuni: molte auto usate per portar via le merci erano posteggiate lì dalla mattina. Tutto ben pianificato, col consenso delle autorità». Gli hooligan belgradesi hanno un certo know-how. Entrarono nella storia con la famosa partita Dinamo Zagabria-Stella Rossa, quella che costrinse il (poi) milanista Zvonimir Boban a difendere i fan croati, quella che inaugurò le tre guerre balcaniche. Furono educati alla politica del kalashnikov sotto Milosevic, svezzati in Bosnia e in Kosovo. Orfani di Arkan che li aveva radunati sotto il suo comando - uno che nell' intervallo della partita scendeva negli spogliatoi a minacciare gli avversari, uno che tentò d' uccidere il capo dell' Uefa, Lennart Johansson, solo perché aveva osato escludere il suo Obilic dalla Champions League - oggi i Ragazzacci sono tornati a dividersi per tribù: i Delje e i Bad Boys della Stella Rossa, i Grobari (beccamorti) del Partizan, gli Ofk e i peggiori di tutti, i neonazisti Rad del Bezanija. Hanno gli stessi slogan truci: «Turchi e musulmani, negri e comunisti, tutti nella fossa!», oppure «20 km a Vukovar! 10 km a Vukovar! Benvenuti a Vukovar!», dov' è citato uno dei peggiori massacri di croati. I loro idoli sono in galera (Dragan Djajic, dentro per calcioscommesse), in panchina (Walter Zenga e Sinisa Mihailovic, il vice di Mancini) o emigrati da un pezzo (Stankovic e Savicevic). Somigliano in peggio agli scalmanati di casa nostra: «Sono a libro paga dei club - spiega Milos Vasic, ex poliziotto - si fanno pagare anche dai calciatori. E in molti casi chiedono il pizzo». Le curve trafficano in droga e sigarette, qualcuno fa i lavori sporchi dei servizi segreti. E questa è la maggiore garanzia d' impunità. Negli ultimi dieci anni, ci sono stati almeno dieci omicidi legati al calcio: nessun arresto. Dal 2006, quattrocento denunce per reati gravi: sette indagati a piede libero. Solo a dicembre, e solo perché c' erano le immagini tv, due ultrà sono finiti in cella: avevano tentato di bruciare vivo un poliziotto che s' era infiltrato nella curva nord del Maracanà di Belgrado, ficcandogli in bocca un razzo acceso. Uno dei due arrestati è risultato «dipendente tifoso» della Stella Rossa, stipendio 500 euro al mese. Piccolo particolare: il club è finanziato dal governo. E il suo più grande sponsor vive a Mosca. Grande amico di Putin. 400 *** denunce contro gli ultrà e nessuna condanna dal 2006 *** 192 *** Le persone fermate dopo le proteste di giovedì I violenti disordini di due giorni fa a Belgrado (150 feriti, un morto, assalti a otto ambasciate, 90 negozi saccheggiati) hanno portato ieri ai primi arresti da parte della polizia della capitale serba